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LA BARESITÀ, LA MARESITÀ E SUA MAESTÀ "IL POLPO" NEGLI INTERVENTI DI VITTORIO POLITO, LINO PATRUNO E FELICE ALLOGGIO E TECA DEL MEDITERRANEO

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Messaggio  Vittorio E. Polito Dom Mag 16, 2010 9:31 am

LA BARESITÀ
di
Vittorio Polito
Il Consiglio Regionale della Puglia, la Teca del Mediterraneo, la Biblioteca Multimediale e il Centro di documentazione hanno organizzato, nell’ambito della VII Rassegna “Building apulia: costruendo l’identità della Puglia”, un evento dedicato alla “baresità”, con la presentazione di tre volumi “Baresità, curiosità e…”, di chi scrive (Levante), “Ce se mange iòsce? Madonne ce ccròsce!” (Gelsorosso) di Vito Signorile e “Bari vecchia porte aperte” di Michele Fanelli (Progedit). Testimonial Daniele Giancane docente nell’Università di Bari. Presentazione del giornalista Alfonso Marrese.
Per l’occasione si è esibito Felice Alloggio, attore e regista, presentando uno sketch che ha divertito il pubblico presente

Ma cosa si intende per Baresità? La Baresità è tutto quello che riguarda la nostra bella città: storia, tradizioni, folclore, cucina, monumenti, chiese, teatro, modi di dire, comportamenti, proverbi, soprannomi, usi e costumi, dialetto, ecc. La Baresità è anche rappresentata dagli editori che danno spazio alla cultura di Bari, al dialetto barese, alle tradizioni, ai quali va la nostra riconoscenza. Baresità è anche San Nicola ed alcuni prodotti del mare che i baresi mangiano rigorosamente crudi.

Uno dei padri della baresità è da considerare Armando Perotti (1865-1924), scrittore e poeta. Studioso e giornalista, attento osservatore e conservatore delle realtà baresi e pugliesi e della cultura regionale. Fu un letterato di grande sensibilità e cultura. A seguire Francesco Saverio Abbrescia (1813-1852), canonico, storico, oratore sacro e primo poeta dialettale barese, considerato uno dei personaggi della cultura barese, pur avendo vissuto solo 39 anni. Davide Lopez (1867-1953), pro-sindaco di Bari, avvocato, per il quale va ricordato il volume “Canti baresi”. Gaetano Savelli (1896-1977), che vanta una notevole produzione letteraria in lingua e in dialetto, tra cui “La chemmèdie de Dande veldàt’a a la barèse”. Vitantonio Di Cagno (1897-1977), maestro di diritto civile e sindaco di Bari dal 1946 al 1952, dotato di una notevole vena poetica definito da Alcide De Gasperiil miglior sindaco d’Italia”. Alfredo Giovine (1907-1995) storico e dialettologo, autore di tante pubblicazioni sulla nostra città e sul nostro vernacolo. Vito De Fano (1911-1989), che pur non essendo barese, ha pubblicato molti libri di pregevoli poesie in dialetto barese. Giovanni Panza (1919-1994), alto funzionario del Ministero dell’Agricoltura e attento osservatore di cose baresi, che ha lasciato un notevole numero di poesie e, soprattutto, il volume “La checine de nononne” (Schena Editore), un best seller della cucina tradizionale barese, scritta sia in lingua che in dialetto. Domenico Triggiani (1929-2005), funzionario di questa stessa Regione, protagonista del nostro dialetto, autore di molte commedie dialettali, il che denota la notevole preparazione e la sua padronanza della lingua dei nostri nonni. Ricordo anche che Triggiani, insieme a Rosa Lettini, ha pubblicato il primo ed unico romanzo storico-satirico in vernacolo barese “Da Adàme ad Andriòtte” (Schena Editore). Lorenzo Gentile, (1922-2008), autore del “Nuovo Dizionario dei baresi”, scritto insieme alla figlia Enrica, (Levante Editori). Quest’ultimo è il primo dizionario bilingue italiano-barese e barese-italiano.
Ultimo in ordine di tempo è Vito Maurogiovanni (1924-2009), un prolifico scrittore e commediografo, considerato la memoria storica di Bari, che ha lasciato ai baresi una notevole produzione letteraria e teatrale: da “Jarche vasce” a “Cafè antiche”, a “Il Teatro”, a “Come eravamo”, a “Cantata per una città” ed il recentissimo, volume postumo, “Teatri”, curato magistralmente da Francesco De Martino. Questi ultimi quattro editati da Levante.


A questo breve elenco, certamente non esaustivo, vanno aggiunti decine e decine di altri autori, ma mi limiterò a ricordarne solo qualcuno per il notevole contributo alla baresità: Arturo Santoro, Enzo Migliardi, Ettore De Nobili, Gaetano Mele, Nicola Saponaro, Giuseppe Gioia, Giuseppe Romito, Luigi Canonico, Marcello Catinella, Maria D’Apolito Conese, Mario Piergiovanni, Nicola Macina, Pasquale Sorrenti, Nico Salatino, Peppino Franco, Peppino Zaccaro, ecc.

Per il teatro dialettale ricordo Nicola Pignataro, Gianni Colaiemma, Nino De Bartolomeo, Rosaria Barracane, Tiziana Schiavarelli, Dante Marmone, Emanuele Battista e Felice Alloggio. Quest’ultimo, commediografo in lingua e in dialetto barese, nonché interprete e regista delle sue stesse opere. Ricordo che Alloggio è autore del volume “Cape o crosce? – Testa o Croce?” (Levante Editori), una interessante ed utile pubblicazione che raccoglie i giochi di un tempo in dialetto barese, con sintesi in lingua italiana e illustrata per i ragazzi e per coloro che si occupano di attività ludiche.

Non sono stati certamente richiamati tutti i personaggi, ma citati o non citati, va a tutti il ringraziamento e la gratitudine.

A proposito di baresità mi piace ricordare anche Franz Falanga, un architetto barese trapiantato al nord, ideatore di comanacosaellalde, un blog dedicato al dialetto barese. Falanga, che è anche autore di varie pubblicazioni, tra le quali “O Dadò o Dadà” (Adda Editore), una sorta di lessico ragionato dei termini in dialetto barese, e del volume “La Terra dell’U” (Edizioni Menabò), ovvero una storia di giovani e del Jazz a Bari nel quale non ha trascurato il dialetto barese.

È il caso di ricordare anche la baresità al femminile, riferendomi essenzialmente alle “tabacchine”, quelle donne che hanno lavorato per decenni presso la Manifattura dei Tabacchi di Bari e che Vito Maurogiovanni, nel suo volume “Cantata per una città”, scrive che “Andare a lavorare alla Manifattura dei Tabacchi era una scelta traumatica”, come riferisce Linda Cascella nel suo capitolo "La Baresità al femminile" (da "Baresità, curiosità e..." - Levante Editori).

Vi sono poi le “altre baresità” rappresentate dalla Fiera del Levante, dal Maggio di Bari, dal Caffè Scaturchio, dal “Sottano”, ritrovo di personaggi della Bari culturale, il Gran premio Bari di formula 1, la Vidua Vidue, il Teatro Petruzzelli, la spiaggia di Pan’e pemedòre, lo stadio, la “tiedde de rise, patane e cozze”, la “fecazze”, “u ccrute” (frutti di mare, polpi arricciati, seppioline, seppie tagliate a filetti (chiamata tagliatella), u ragù che le brasciole, le recchietedde, le strascenate, ecc. E questo elenco potrebbe andare all’infinito.

Infine ricordo la baresità dell’Università, dal momento che due miei libri sulla baresità “Baresità e… maresità”, e “Baresità, curiosità e…” (entrambi della Levante Editori), con scritti di Felice Alloggio, Linda Cascella, Franz Falanga, Lorenzo Gentile e Giovanni Panza, sono stati presentati nell’Aula Magna dell’Università di Bari, entrambi con l’intervento del Magnifico Rettore, Corrado Petrocelli e dei docenti Giorgio Otranto e Francesco De Martino e del direttore del quotidiano Barisera, Nello Mongelli. È stata la prima volta che nell’Aula Magna della nostra Università, affrescata da Mario Prayer, sono stati presentati libri sulla baresità. Il volume “Baresità, curiosità e…”, si avvale anche della prefazione dello stesso Rettore, che ringrazio con tanta gratitudine.
Tutto ciò dimostra che la baresità è oggetto della massima attenzione, non solo da parte di appassionati e cultori, ma anche da parte di studiosi del campo letterario e, oggi, anche da parte del Servizio Biblioteca e Comunicazione Istituzionale del Consiglio Regionale della Puglia, diretta da Waldemaro Morgese, al quale va anche il mio personale ringraziamento.


LA BARESITÀ, LA MARESITÀ E SUA MAESTÀ "IL POLPO" NEGLI INTERVENTI DI VITTORIO POLITO, LINO PATRUNO E FELICE ALLOGGIO E TECA DEL MEDITERRANEO Imgp9812VETRINA ALLESTITA DALLA LIBRERIA LATERZA DI BARI PER L'EVENTO (foto archivio Polito)

LA BARESITÀ, LA MARESITÀ E SUA MAESTÀ "IL POLPO" NEGLI INTERVENTI DI VITTORIO POLITO, LINO PATRUNO E FELICE ALLOGGIO E TECA DEL MEDITERRANEO Imgp9713
da sinistra: Michele Fanelli, Daniele Giancane, Vito Signorile e Vittorio Polito (foto archivio Polito)

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da sinistra: Michele Fanelli, Daniele Giancane, Vito Signorile e Vittorio Polito (foto archivio Polito)

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FELICE ALLOGGIO PRESENTA IL SUO SKETCH (foto archivio Polito)
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LA BARESITÀ, LA MARESITÀ E SUA MAESTÀ "IL POLPO" NEGLI INTERVENTI DI VITTORIO POLITO, LINO PATRUNO E FELICE ALLOGGIO E TECA DEL MEDITERRANEO 610

L'INTERVENTO DI LINDA CASCELLA A PROPOSITO DELLE TABACCHINE (Foto di Fabio Palmisano)


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Messaggio  Vittorio E. Polito Dom Giu 06, 2010 8:25 am

IL GUASTAFESTE di LINO PATRUNO
(da LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO DEL 5 GIUGNO 2010 - PAG. 25


Vengano a capire cosa è un Polpo

Tutto il mondo dovrebbe essere pugliese per capire cosa significhi il frutto di mare. Slurpare lentamente un cannolicchio e risucchiarselo in

bocca. Accarezzare con la lingua un allievo tenero come il burro e scioglierlo fra le labbra nel brivido dei sensi. Puntare con occhio erotico una frittura di calamaretti e servirsene voluttuosamente con le mani. Ordinare con attesa rosseggiante di desiderio una paranzella croccante.

Titillare con lo sguardo un piatto rigonfio di accoglienti mitili a valve aperte. E tutto il mondo dovrebbe passare almeno una volta nella vita, come si fa con i santuari, per uno dei nostri paesi di mare rarefatti di sale, un pugno di case e un braccio di porto con le barche pigre, il profumo inimitabile dei ristorantini che sfornano promesse di felicità. Bisognerebbe passarci almeno una volta per dare un senso alla propria vita.

LO STOP A CANNOLICCHI E COMPAGNI - Non è un dépliant turistico. È la nostalgia del tempo passato alla Proust, la malinconia delle cose compiute alla Goethe dopo il ferale annuncio giunto dalle nebbie e dai cieli grigi di Bruxelles, da quella burocrazia europea occhiuta e stizzosa sempre pronta a spegnerci il sole. Dal 1° giugno i nostri pescatori devono appunto rinunciare ad allievi e calamaretti, a cannolicchi e valve, a seppioline e rossetti, a bianchetti e cicerelli. Tutti ormai frutti proibiti come la mela nel giardino dell’Eden. Con pesca consentita solo entro le tre miglia, reti a maglie allargate per impedire di razzolare le specie vietate, niente più rastrelli né turbo soffietti.

Il mare troppo e dissennatamente impoverito va ripopolato, madre natura risponde ai suoi ritmi non a quelli dei mercati e delle mense, bisogna pensare a ciò che lasceremo ai nostri figli senza l’egoismo che ignora il futuro.

E i pescatori costieri sono i «custodi del mare», sono «depositi di sapienza», sono i portabandiera di una cultura da non smarrire. Una cultura dalle radici locali che per millenni ha protetto le ricchezze del suo mare come la propria anima. Fino all’esplosione del consumismo che ha alterato ogni equilibrio e dissanguato anche quel vecchio amico fonte quasi inesauribile di doni. E fino all’esplosione dell’inquinamento e dello stravolgimento del clima che fa soffrire noi come il resto del creato. Anche perché dove già da tempo questo sacrificio è stato fatto, ora l’armonia si è

ristabilita, l’ordine è tornato sotto il cielo.







IL LORO ANEMICO MERLUZZO - Tutte nobili parole di fronte ai venti di ennesima crisi che investe le marinerie, non bastassero le turbolenze della finanza e i sacrifici, sempre sacrifici da fare. Sono 4 mila i pescatori coinvolti su 14 mila, mille pescherecci, il 5 per cento del prodotto cui rinunciare. Con grandi proteste anche in Puglia. E richiesta di deroga su cui il ministro Galan nicchia.

Ma gli è che già da quattro anni il regolamento avrebbe dovuto entrare in vigore, come già avvenuto negli altri Paesi. E senza che, purtroppo, nel frattempo si sia pensato a soluzioni, non fossero le solite casse integrazioni o la riqualificazione, insomma un altro mestiere. E non senza il solito sospetto verso un’Europa ancora più continentale più che mediterranea, che magari vuol favorire l’esangue merluzzo del Nord, quello che da piccoli ci ha tormentato col suo schifosissimo fegato che fa bene alla memoria e i suoi brodini per mantenersi in bianco. La stessa ottusa Europa che così favorirà l’importazione taroccata dall’Estremo Est. E troppo preoccupata della lunghezza dei fagiolini e dello spessore delle banane. E responsabile di aver consentito orrori non solo alimentari ma esistenziali come il formaggio con la caseina al posto del latte, il vino senza uva, l’aranciata senza arancia.

L’ANTICA CIVILTÀ DEL MARE -Solo per far capire a quei visi pallidi di lassù di cosa si parla, a nome del popol mio gli rivolgo l’immeritato invito a scendere nel nostro paradiso, una mattinata nella Bari di nderr’ la lanze, la gran tavolata delle cozze gonfie come grembi in calore, dei ricci eccitanti di rossi e arancioni, delle ostriche da farsi in un colpo solo fra mugolii di piacere. Mancherà la lingua porpora dei cannolicchi. Ma visto che siamo accoglienti e generosi, gli faremo vivere l’ineguagliabile esperienza dell’incontro con Sua Maestà, il Re dei Re del mare, il Polpo tronfio come un monarca coccolato e adulato, vezzeggiato e arricciato come una gran dama, cullato nel cesto come la ninna nanna di un bambino, adorato e servito come una divinità, da centellinare come un cannolo alla crema.

È la libidine e la preghiera della baresità. Dopo di che si pentano di ciò che hanno fatto e se ne vadano di corsa.

Perché, come si dice da noi, l’ospite è come il pesce, puzza dopo tre giorni. Specie se sono ospiti come loro.


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Messaggio  Vittorio E. Polito Mer Giu 09, 2010 5:51 am

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Messaggio  Vittorio E. Polito Gio Giu 10, 2010 7:22 am

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Messaggio  Admin Gio Giu 10, 2010 9:02 am

Ragazzi, non potete impunemente farmi schiattare di nostalgia me che vivo nella polenta, nella luganega, nelle costesine, nei fasoi e fra quelli con la camicia verde. Vedo con infinito piacere che la baresità e la maresità sono più presenti di quanto si pensi nella cultura cittadina. Mi piacerebbe leggere molte altre esternazioni al riguardo da parte dei nostri frequentatori perchè sono sicuro che ne leggeremmo delle belle. L'alda dì me nvetòrene ammangià u pesce nu pare d'amisce mì. Jì cu core chjìne de speranze scjiebbe, mangjiebbe e pò me ne venjìebbe accase. M'avèvane fatte mangià u salmone! Naturalmente erano stati gentilissimi e le loro intenzioni erano lodevolissime, per cui non dissi loro che il salmone con la nostra maresità c'entra come i cavoli a merenda. E me sò arrecherdàte ka na volde, all'Umberte, u cineme ka steva a piazze Umberte, sentjiebbe n'attora ka descì a iune, ti dò un ceffone, e ndrete ammè nu uagnòne addemannò all'amiche sù, Coline ce jè u ceffone? U ceffone? Iè nu cjìeffe gresse.
Ciao a tutti.
falàn
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Messaggio  felice.alloggio Gio Giu 10, 2010 11:26 am

Cara Franz,
devo dirti che il Salmone è un pesce il cui nome deriva da "salma". Non è un caso che negli ospedali ai morenti li definiscono ironicamente "salmoni". Dunque sai cosa ti hanno fatto mangiare!
In cambio di propongo di offrire loro il nostro "Ghiggione" che, come tu sai, è l'equivalente di quella trota d'acqua dolce bergamasca tanto cara a Bossi Umberto che così ha voluto affettuosamente definire suo figlio.
Ciao e buon appetito.
Come sai a Bare apprime de le dù non nze mange! Però se mange, ialde ca u spundine ca fascene le nordìste!!!
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Messaggio  Admin Mar Giu 15, 2010 7:59 am

Come ben si sa, il teatro a Napoli ha origini antichissime, parlo delle Farse Atellane nate in Campania nel V secolo a.C. dove è presente Maccus l'antesignano di Pulcinella. Restando nel campo della farsa e della sua tradizione, arriviamo a Salerno nel 1500 dove Vincenzo Braca (Salerno 1566/Cava dei Tirreni 1614) scrisse diverse farse rumorose e molto grossolane prendendo in giro gli sprovveduti abitanti di Cava dei Tirreni. Queste farse vennero chiamate Farse Cavaiole. Potenza del dialetto e della storia, il termine "CAVAIOLA" è restato nel nostro dialetto barese e viene comunemente usato per indicare una chiassosa riunione di persone urlanti e sguaiate.
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Messaggio  felice.alloggio Mar Giu 15, 2010 10:06 am

Le barise stonne a tutte vanne, pure m-mènze alla Nabeletàne!
Mo iè u fatte "Bare iè u mègghie paìse, e allore Franz accome de mitte, ce cose aspitte a ternà a Bari"
Mo u sa ce cose ia fà? Sope a Facebook iabreche nu link ca sa va chiamà: "facime ternà n-drète a Franz" e ce ngocche iune
avèss'addemannà ci iè Franz jì nge responneche de revolgerse al giornalista Polite ca u canosce buène.
Buène appetite Falanghe, me pare ca le nordiste mangene come jìnde alle spetàle, ossì a menzadì.
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Messaggio  Vittorio E. Polito Mar Giu 15, 2010 2:46 pm

Qualche altra informazione a proposito di cavaiolo o cavaiola:

cavaiolo /kavaâjÀlo/ (lett. cavaiuolo) s. m. [der. di cava], tosc. - (mestiere). Chi fa il mestiere di cavar pietre e marmi.

(Vocabolario Treccani)

Cavaiola, cavaiòle, cavajòle è, secondo vari autori, anche:

“frastuono fastidioso” (Romito)

“baccano, confusione, frastuono” (Gentile)

“confusione, gran chiasso, subbuglio, disordine” (Colasuonno)



Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Cavaiola è, infine, un torrente tributario del Fiume Sarno per il tramite del canale artificiale denominato Alveo Comune Nocerino ed ha origine in Comune di Cava de' Tirreni, dove raccoglie le acque di vari torrenti.


Cavaiola





Lunghezza:


c. 7,0 km


Portata media:


alla foce -- m³/s


Bacino idrografico:


40 km²


Altitudine della sorgente:


c. 600 m s.l.m.


Nasce:


in comune di Cava de' Tirreni dalla confluenza di vari torrenti


Sfocia:


Alveo Comune Nocerino - Nocera Inferiore


Stati/regioni attraversati:


Campania

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Messaggio  Vittorio E. Polito Gio Apr 18, 2013 7:10 am

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Messaggio  Vittorio E. Polito Sab Lug 18, 2015 5:44 am

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