DIALETTO BARESE E DINTORNI: NOTIZIE, APPUNTAMENTI, INFORMAZIONI, NOVITÀ ED ALTRO
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SACRO E PROFANO
L'ignorante è presuntuoso
"La mancanza di una visione profonda delle cose porta alla superficialità di giudizio che fa credere alla persona di sapere più degli altri e di essere più capace di loro".
DAL MOMENTO CHE L'IGNORANTELLO DI TURNO SOSTIENE CHE GLI AUTORI DEL LIBRO "PREGÁME A LA BARÉSE" HANNO CONFUSO IL SACRO CON IL PROFANO, TRASCRIVO DI SEGUITO LA PRESENTAZIONE DEL REV.MO PADRE LORENZO LORUSSO o.p., PRIORE DELLA BASILICA DI SAN NICOLA DI BARI, AFFINCHÉ L'INDIVIDUO IN QUESTIONE NE PRENDA BUONA NOTA.
PRESENTAZIONE
I vangeli parlano sovente della preghiera di Gesù. Specie Luca e Giovanni presentano Gesù come uomo di preghiera e modello perfetto di dialogo con Dio. Con la sua parola egli insegna che cosa è la preghiera e con la sua vita indica in sostanza come realizzare e vivere questo rapporto filiale. L’insegnamento che ne scaturisce è molto semplice: la risposta spontanea che cresce nel cuore dell’uomo che si pone con umiltà davanti alla realtà di Dio. Tutti i credenti sono invitati ad entrare in questo orizzonte.
Gesù si dona sempre alle folle che lo cercano, senza risparmiare tempo ed energie. Egli è tanto preso verso l’azione che non ha più neanche il tempo di mangiare (Mc 6, 31). Ma, pur essendo assorbito pienamente da un progetto apostolico, ha una costante attenzione e una viva coscienza del mistero della sua persona, come mandato e Figlio del Padre. Per questo, spesso si ritira dalle folle e trascorre notti e lunghe ore sul monte o nel deserto a pregare. Gli evangelisti ritornano più volte sulla preghiera di Gesù e descrivono come e quando Gesù pregava. Egli si ritirava spesso in luoghi solitari dopo una faticosa giornata dedicata alla predicazione, per pregare il Padre e attingere da questo incontro la forza per portare avanti la sua missione. Anzi, tutti gli avvenimenti e decisioni importanti sono ritmati dalla preghiera e dal dialogo col Padre ed esprimono la qualità intensa della sua vita di donazione e di amore.
La preghiera esprime lo stato d’animo dell’orante e la situazione che sta vivendo; quindi ci possono essere preghiere che nascono da una situazione di gioia, di dolore, di rabbia, di gratitudine, di fiducia: la preghiera può diventare perciò una lode, una supplica, un grido, una richiesta, un ringraziamento, un’intercessione.
Non serve chiedersi quale sia la preghiera che è più appropriata in un certo momento della mia vita, dato che essa scaturisce dal cuore come sorgente spontanea. La cosa importante è imparare a pregare con le diverse forme di preghiera per poter sperimentare l’incontro con Dio e i fratelli in tutti i momenti della mia e loro vita; fare di tutta la vita una preghiera. Pertanto, si può pregare in diverse lingue e si può pregare anche in dialetto barese.
Il libretto che abbiamo tra le mani raccoglie le preghiere tradizionali del fedele cristiano con la traduzione in dialetto barese. Vi sono, inoltre, alcune preghiere dedicate alla Madonna e ai Santi più venerati dai baresi, in modo particolare San Nicola. Tutte manifestano che vari sono i modi per invocare Dio, la Vergine e i Santi:
- la lode: saper vedere l’azione di Dio nella nostra vita, il suo amore e la sua attenzione per noi, per tutti gli uomini e le donne, per il mondo intero; la mia preghiera diventa così un inno di gioia a Dio Padre, creatore e autore di ogni bene;
- il ringraziamento: riconoscere i benefici del Signore, il suo amore per noi, la sua tenerezza di Padre, la sua forza di liberatore;
- la supplica: nella prova e nella difficoltà, quando si scopre la propria fragilità e incapacità di vivere senza Dio, allora è più facile rivolgersi a Lui e chiedere aiuto; solo Dio può salvarci; quando la difficoltà diventa grande e insopportabile, quando la vita è in pericolo allora la preghiera diventa grido;
- l’intercessione: è il momento della “richiesta altruistica”, è pregare per il bene degli altri, con cuore aperto e generoso; è la capacità di vedere il fratello e la sorella che mi stanno vicino o coloro che sono lontani, coloro che soffrono, che subiscono l’ingiustizia; è la forza missionaria della preghiera;
- la fiducia/speranza: è mettersi nelle mani di Dio, sapendo che Lui agisce, è il Padre che non si dimentica dei suoi figli.
Nella preghiera allora si trova il coraggio per andare avanti, nonostante i momenti di incomprensione, di abbandono e di apparente fallimento. Come in Gesù il suo stare in preghiera col Padre e il suo essere tra le folle non sono fatti distinti, ma momenti che si compenetrano in un solo movimento, anche noi preghiamo senza dimenticare i fratelli.
p. LORENZO LORUSSO o.p.
Priore della Basilica di San Nicola, Bari
Flora De Vergori, insegnante
"La mancanza di una visione profonda delle cose porta alla superficialità di giudizio che fa credere alla persona di sapere più degli altri e di essere più capace di loro".
DAL MOMENTO CHE L'IGNORANTELLO DI TURNO SOSTIENE CHE GLI AUTORI DEL LIBRO "PREGÁME A LA BARÉSE" HANNO CONFUSO IL SACRO CON IL PROFANO, TRASCRIVO DI SEGUITO LA PRESENTAZIONE DEL REV.MO PADRE LORENZO LORUSSO o.p., PRIORE DELLA BASILICA DI SAN NICOLA DI BARI, AFFINCHÉ L'INDIVIDUO IN QUESTIONE NE PRENDA BUONA NOTA.
PRESENTAZIONE
I vangeli parlano sovente della preghiera di Gesù. Specie Luca e Giovanni presentano Gesù come uomo di preghiera e modello perfetto di dialogo con Dio. Con la sua parola egli insegna che cosa è la preghiera e con la sua vita indica in sostanza come realizzare e vivere questo rapporto filiale. L’insegnamento che ne scaturisce è molto semplice: la risposta spontanea che cresce nel cuore dell’uomo che si pone con umiltà davanti alla realtà di Dio. Tutti i credenti sono invitati ad entrare in questo orizzonte.
Gesù si dona sempre alle folle che lo cercano, senza risparmiare tempo ed energie. Egli è tanto preso verso l’azione che non ha più neanche il tempo di mangiare (Mc 6, 31). Ma, pur essendo assorbito pienamente da un progetto apostolico, ha una costante attenzione e una viva coscienza del mistero della sua persona, come mandato e Figlio del Padre. Per questo, spesso si ritira dalle folle e trascorre notti e lunghe ore sul monte o nel deserto a pregare. Gli evangelisti ritornano più volte sulla preghiera di Gesù e descrivono come e quando Gesù pregava. Egli si ritirava spesso in luoghi solitari dopo una faticosa giornata dedicata alla predicazione, per pregare il Padre e attingere da questo incontro la forza per portare avanti la sua missione. Anzi, tutti gli avvenimenti e decisioni importanti sono ritmati dalla preghiera e dal dialogo col Padre ed esprimono la qualità intensa della sua vita di donazione e di amore.
La preghiera esprime lo stato d’animo dell’orante e la situazione che sta vivendo; quindi ci possono essere preghiere che nascono da una situazione di gioia, di dolore, di rabbia, di gratitudine, di fiducia: la preghiera può diventare perciò una lode, una supplica, un grido, una richiesta, un ringraziamento, un’intercessione.
Non serve chiedersi quale sia la preghiera che è più appropriata in un certo momento della mia vita, dato che essa scaturisce dal cuore come sorgente spontanea. La cosa importante è imparare a pregare con le diverse forme di preghiera per poter sperimentare l’incontro con Dio e i fratelli in tutti i momenti della mia e loro vita; fare di tutta la vita una preghiera. Pertanto, si può pregare in diverse lingue e si può pregare anche in dialetto barese.
Il libretto che abbiamo tra le mani raccoglie le preghiere tradizionali del fedele cristiano con la traduzione in dialetto barese. Vi sono, inoltre, alcune preghiere dedicate alla Madonna e ai Santi più venerati dai baresi, in modo particolare San Nicola. Tutte manifestano che vari sono i modi per invocare Dio, la Vergine e i Santi:
- la lode: saper vedere l’azione di Dio nella nostra vita, il suo amore e la sua attenzione per noi, per tutti gli uomini e le donne, per il mondo intero; la mia preghiera diventa così un inno di gioia a Dio Padre, creatore e autore di ogni bene;
- il ringraziamento: riconoscere i benefici del Signore, il suo amore per noi, la sua tenerezza di Padre, la sua forza di liberatore;
- la supplica: nella prova e nella difficoltà, quando si scopre la propria fragilità e incapacità di vivere senza Dio, allora è più facile rivolgersi a Lui e chiedere aiuto; solo Dio può salvarci; quando la difficoltà diventa grande e insopportabile, quando la vita è in pericolo allora la preghiera diventa grido;
- l’intercessione: è il momento della “richiesta altruistica”, è pregare per il bene degli altri, con cuore aperto e generoso; è la capacità di vedere il fratello e la sorella che mi stanno vicino o coloro che sono lontani, coloro che soffrono, che subiscono l’ingiustizia; è la forza missionaria della preghiera;
- la fiducia/speranza: è mettersi nelle mani di Dio, sapendo che Lui agisce, è il Padre che non si dimentica dei suoi figli.
Nella preghiera allora si trova il coraggio per andare avanti, nonostante i momenti di incomprensione, di abbandono e di apparente fallimento. Come in Gesù il suo stare in preghiera col Padre e il suo essere tra le folle non sono fatti distinti, ma momenti che si compenetrano in un solo movimento, anche noi preghiamo senza dimenticare i fratelli.
p. LORENZO LORUSSO o.p.
Priore della Basilica di San Nicola, Bari
UN COMMENTO:
Complimenti!!
Ho letto il vostro libro: una meraviglia... Leggendo le preghiere in dialetto, ho rivisto le donne anziane di quando ero bambina, alcune strette nel loro “fazzuttone” nero (una specie di mantello a forma di grande fazzoletto frangiato); io stasera leggevo, ma nella mia lettura sentivo la loro recita cantilenante, mossa da una fede semplice eppure sentita, che sgorgava dal cuore, comunemente espressa in un latino “maccheronico”; stasera quelle donne anziane di un tempo le sento recitare in dialetto attraverso questa vostra meravigliosa presentazione, e vedo i loro volti nel dialetto, le loro emozioni, sento la loro supplica, la lode, il ringraziamento, nella ripetuta cantilena orante.
Un libro originale non per estrosità, ma per il contenuto significativo che appartiene al patrimonio storico-culturale della nostra tradizione. Un libro, fra l'altro, in cui la simpatia e i colori del dialetto affiorano quasi in un crescendo.
Grazie per questa preziosità.
Complimenti!!
Ho letto il vostro libro: una meraviglia... Leggendo le preghiere in dialetto, ho rivisto le donne anziane di quando ero bambina, alcune strette nel loro “fazzuttone” nero (una specie di mantello a forma di grande fazzoletto frangiato); io stasera leggevo, ma nella mia lettura sentivo la loro recita cantilenante, mossa da una fede semplice eppure sentita, che sgorgava dal cuore, comunemente espressa in un latino “maccheronico”; stasera quelle donne anziane di un tempo le sento recitare in dialetto attraverso questa vostra meravigliosa presentazione, e vedo i loro volti nel dialetto, le loro emozioni, sento la loro supplica, la lode, il ringraziamento, nella ripetuta cantilena orante.
Un libro originale non per estrosità, ma per il contenuto significativo che appartiene al patrimonio storico-culturale della nostra tradizione. Un libro, fra l'altro, in cui la simpatia e i colori del dialetto affiorano quasi in un crescendo.
Grazie per questa preziosità.
Flora De Vergori, insegnante
Preghiamo alla barese
GRAZIE DELL'ENNESIMO AVVISO PUBBLICO: CI SARO' ANCH'IO AD ASCOLTARE COME SI PREGA ALLA BARESE.
alisce fritte
alisce fritte
Ultima modifica di alisce fritte il Lun Ott 01, 2012 8:18 am - modificato 1 volta.
alisce fritte- Messaggi : 10
Data d'iscrizione : 08.08.12
Pregàme a la barese
Ave Marì oppure Avemarì?
Alisce fritte
Alisce fritte
Ultima modifica di alisce fritte il Lun Ott 01, 2012 8:18 am - modificato 1 volta.
alisce fritte- Messaggi : 10
Data d'iscrizione : 08.08.12
DA "BARINEDITA" DI OGGI
http://barinedita.com/storie-e-interviste/n165-si-scrive---i-sò-d-bare---o---jì-sò-de-bbàre--?-alla-scoperta-del-dialetto-scritto
di Salvatore Schirone
BARI - Vi sarà certamente capitato almeno una volta di voler scrivere un'espressione in dialetto barese ma non di non saper minimamente come tradurre in scrittura quei suoni. Non c'è da preoccuparsi, perché non sanno come farlo nemmeno i più esperti linguisti e “dialettologi”. Il nostro vernacolo infatti non ha una sua tradizione letteraria: è una "lingua" parlata, più che scritta e gli autori che vi ci sono cimentati, hanno tradotto il barese "improvvisando".
Eppure una tradizione, seppure orale, esiste e Francesco Saverio Abbrescia, Gaetano Savelli, Giovanni Panza, Giuseppe De Benedictis, solo per citare i più illustri poeti e prosatori a partire da metà ’800, la testimoniano.
Cultori e studiosi della tradizione popolare barese da oltre 50 anni sapientemente raccolgono i loro testi e tentano di definirne grammatica, vocabolario e fonetica. Alcuni, come il già citato Panza, Lorenzo Gentile, Vito Maurogiovanni e Vittorio Polito, lo fanno senza pretendere di ridurre a un’unità artificiosa stili, convenzioni e convinzioni molto diverse.
Altri, più rigorosi, convinti dell'esistenza di un unico modo corretto di scrivere, si impegnano tenacemente a definire regole glottologiche definitive e normative a cui tutti si dovrebbero attenere. Del secondo gruppo fanno parte, ad esempio, i membri del “Seminario di studio ed approfondimento sul dialetto barese”, guidati dal presidente Nicola Cutino.
Per esempio, se volessimo affermare da dove veniamo, scriveremmo “i sò d Bare”, oppure “jì sò de Bbàre”? Dovremmo inserire la vocale muta “e”? Raddoppiare la “B” di Bari? Accentare le vocali toniche? O addirittura scrivere “Vare”, pronuncia arcaica di Bari?
Impossibile trovare un consenso unanime. Possiamo solo rifarci a questa o a quella grammatica o all’uso seguito da un autore piuttosto che un altro. E non mancano autori moderni che addirittura scrivono “Bbaàre”, con un affollamento di consonanti e vocali che confondono e rendono impossibile anche la lettura.
Nel frattempo il barese scritto resta una “lingua” personale. Proprio come “La ràsce che come la uè la fásce” (speriamo di averlo scritto se non giusto almeno bene).
Per seguire il dibattito sul dialetto barese in internet: https://comanacosaellalde.forumattivo.com/
21 SETTEMBRE 2012
Si scrive ''i sò d Bare'' o ''jì sò de Bbàre''? Alla scoperta del dialetto scritto
di Salvatore Schirone
BARI - Vi sarà certamente capitato almeno una volta di voler scrivere un'espressione in dialetto barese ma non di non saper minimamente come tradurre in scrittura quei suoni. Non c'è da preoccuparsi, perché non sanno come farlo nemmeno i più esperti linguisti e “dialettologi”. Il nostro vernacolo infatti non ha una sua tradizione letteraria: è una "lingua" parlata, più che scritta e gli autori che vi ci sono cimentati, hanno tradotto il barese "improvvisando".
Eppure una tradizione, seppure orale, esiste e Francesco Saverio Abbrescia, Gaetano Savelli, Giovanni Panza, Giuseppe De Benedictis, solo per citare i più illustri poeti e prosatori a partire da metà ’800, la testimoniano.
Cultori e studiosi della tradizione popolare barese da oltre 50 anni sapientemente raccolgono i loro testi e tentano di definirne grammatica, vocabolario e fonetica. Alcuni, come il già citato Panza, Lorenzo Gentile, Vito Maurogiovanni e Vittorio Polito, lo fanno senza pretendere di ridurre a un’unità artificiosa stili, convenzioni e convinzioni molto diverse.
Altri, più rigorosi, convinti dell'esistenza di un unico modo corretto di scrivere, si impegnano tenacemente a definire regole glottologiche definitive e normative a cui tutti si dovrebbero attenere. Del secondo gruppo fanno parte, ad esempio, i membri del “Seminario di studio ed approfondimento sul dialetto barese”, guidati dal presidente Nicola Cutino.
Per esempio, se volessimo affermare da dove veniamo, scriveremmo “i sò d Bare”, oppure “jì sò de Bbàre”? Dovremmo inserire la vocale muta “e”? Raddoppiare la “B” di Bari? Accentare le vocali toniche? O addirittura scrivere “Vare”, pronuncia arcaica di Bari?
Impossibile trovare un consenso unanime. Possiamo solo rifarci a questa o a quella grammatica o all’uso seguito da un autore piuttosto che un altro. E non mancano autori moderni che addirittura scrivono “Bbaàre”, con un affollamento di consonanti e vocali che confondono e rendono impossibile anche la lettura.
Nel frattempo il barese scritto resta una “lingua” personale. Proprio come “La ràsce che come la uè la fásce” (speriamo di averlo scritto se non giusto almeno bene).
Per seguire il dibattito sul dialetto barese in internet: https://comanacosaellalde.forumattivo.com/
Jì sò de Bbare
Musica per le mie orecchie il brano di Schirone. A proposito dell'arcaica dicitura Vare mi piace rimarcare come VAR, migliaia di anni fa in una lingua indoeuropea significasse fiume, letto di fiume, cavità lungo un percorso, donde Antìvari (di fronte a Bari) Gravina, Tevere, Arno, Verona, Bari per l'appunto. admin
PRESENTAZIONE "PREGÁME A LA BARÉSE - PREGHIAMO IN DIALETTO BARESE"
http://www.giornaledipuglia.com/2012/09/alluniversita-di-bari-si-presenta-il.html
09:01 | Raccolto in: Cultura e Spettacoli,Università e formazione | Pubblicato da: Giornale di Puglia
25 SETTEMBRE 2012
All’Università di Bari si presenta il volume
“Pregáme a la barése - Preghiamo in dialetto barese”
di Polito e Lettini Triggiani
09:01 | Raccolto in: Cultura e Spettacoli,Università e formazione | Pubblicato da: Giornale di Puglia
25 SETTEMBRE 2012
All’Università di Bari si presenta il volume
“Pregáme a la barése - Preghiamo in dialetto barese”
di Polito e Lettini Triggiani
Redazione. Il prossimo 3 ottobre alle ore 16,30 nell’Aula Magna dell’Università di Bari, si presenterà il volume della Levante Editori “Pregáme a la barése - Preghiamo in dialetto barese” di Vittorio Polito, giornalista e scrittore, e Rosa Lettini Triggiani, scrittrice ed interprete in lingua ed in dialetto barese di varie commedie di Domenico Triggiani.
Per l’occasione interverranno il Magnifico Rettore dell’Università di Bari, prof. Corrado Petrocelli, il parroco della Chiesa di San Marcello di Bari, don Gianni De Robertis, ed il dott. Nicola Veneziani, cardiologo e cultore delle tradizioni popolari. È arcinoto che la preghiera è un atto di fede con cui il cristiano si mette in intimo rapporto con Dio, con la Madonna e con i Santi e poiché sgorga dal cuore si può esprimere in vari modi: a voce alta, nel proprio intimo ed anche in dialetto, poiché più facilmente si trovano le giuste espressioni.
In sostanza è un momento fondamentale nella vita di ciascun fedele che, in qualsiasi lingua, riesce a mettersi in contatto con il divino. Giovanni Paolo II, le cui manifestazioni ci hanno sempre stupito, in occasione di un incontro con i parroci di Roma, accogliendo al volo la “provocazione” di un parroco romano, pronunciò tre frasi in dialetto romano “Dàmose da fà, Volèmose bene!, Semo romani”, segno tangibile dell’immediatezza della comunicazione dialettale, anche se rivolta all’Altissimo.
La pubblicazione, una originale operazione culturale nel campo del dialetto barese, presenta, come detto, le più comuni preghiere del credente, liberamente tradotte nel nostro idioma, con testi originali a fronte: dal Segno della Croce (U sègne de la Crósce), al “Padre Nostro” (Padre nèste), al “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli” (Glòrie a Dì ngíle), al “Credo” (Créde), al Santo Rosario (U Sande Resàrie), ecc. Gli autori hanno tradotto anche alcune preghiere dedicate alla Madonna Odegitria, a Sant’Antonio, San Nicola, San Pio ed alla Beata Elia. Il tascabile riporta anche “I dieci Comandamenti” (Le désce Comandaménde) ed “Il Cantico delle creature” (U càndeche de le criatúre) di San Francesco, e si completa con alcuni componimenti dialettali a soggetto religioso dei poeti Peppino Franco, Giuseppe Gioia e Giovanni Panza. Il volume si avvale della presentazione di padre Lorenzo Lorusso o.p., Priore della Basilica di San Nicola di Bari, ed è arricchito con scatti di immagini sacre e del centro storico barese.
DA "LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO" DEL 1.10.2012 PAG. X
Ultima modifica di Vittorio E. Polito il Lun Ott 01, 2012 4:26 pm - modificato 1 volta.
Presentazione libro "Pregáme a la barése". Alcuni messaggi
MESSAGGIO DI SUA ECCELLENZA FRANCESCO CACUCCI, ARCIVESCOVO DI BARI-BITONTO
MESSAGGIO DEL DOTT. SANDRO AMBROSI PRESIDENTE DELLA CAMERA DI COMMERCIO E DELLA CONFCOMMERCIO DI BARI
Caro Vittorio,
Nel ringraziarTi per il bellissimo testo sulle preghiere in lingua barese, Ti chiedo scusa per non poter essere presente alla presentazione dello stesso oggi all’Università di Bari per altri impegni istituzionali.
Ti esorto, ma non credo ce ne sia bisogno, a continuare nella tua splendida azione di recupero, salvaguardia e diffusione della cultura della nostra lingua e delle nostre tradizioni, cosa che fai benissimo anche attraverso i servizi che ci fai pubblicare sul nostro Magazine.
Auguri e ad maiora.
Sandro Ambrosi
Presidente
CONFCOMMERCIO IMPRESE PER L'ITALIA
PROVINCIA DI BARI
PRESENTATO ALL'ATENEO IL LIBRO "Pregáme alla Barése"
http://www.giornaledipuglia.com/2012/10/libri-pregame-alla-barese-quando-la.html
Libri: Pregáme alla Barése, quando la preghiera è mutamento sociale
18:03 | Raccolto in: Cultura e Spettacoli,Libri | Pubblicato da: Giornale di Puglia
BARI. Il 3 ottobre, nella cornice dell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Bari, ha avuto luogo la presentazione del libro Pregáme alla Barése, di Vittorio Polito e Rosa Lettini Triggiani.
Sono intervenuti, tra gli altri, il Magnifico Rettore Corrado Petrocelli, il cardiologo Nicola Veneziani, studioso di tradizioni popolari e il parroco della chiesa di San Marcello, don Gianni De Robertis.
Le loro riflessioni, procedendo dal piano linguistico-filologico a quello religioso, hanno illuminato gli aspetti fondanti dell’opera.
Il volume raccoglie le preghiere, collettive e individuali, della tradizione cristiana e locale, dal Padre Nostro alla Preghiera a San Nicola. «Piccolo nelle dimensioni, ma profondo nel carattere», è frutto di un accurato labor limae, di un’operazione complessa volta a preservare, nella resa in dialetto barese, la forma e il contenuto dei testi, così che permanga il loro carattere di sacralità. Manifesta è la qualità teatrale della lingua impiegata, di cui l’autrice dà esempio, attraverso la declamazione di bellissimi brani.
Il dialetto, così ricco dal punto di vista sonoro e semantico, consente di sviluppare la nostra capacità creativa; è lingua viva e, come tale, ha un’immediatezza espressiva talvolta intraducibile: pensiamo all’immagine suggestiva del sole infuocato al tramonto nella lirica di Peppino Franco o alla figura di San Nicola, invocato in primo luogo come difensore dei deboli, che lascia emergere il sentimento popolare più autentico. Il dialetto è strumento di aggregazione, segnale di identità; rappresenta le nostre radici e resiste in un’epoca in cui, complice la multimedialità, la comunicazione muta la propria natura.
Il volume risponde alla duplice esigenza di salvaguardare la cultura barese e promuovere il desiderio di parlare con Dio con semplicità: il Concilio Vaticano II ricorda che «tutte le lingue sono chiamate a esprimere la lode del Signore». La preghiera non è alienazione, ma ha un valore concreto di mutamento sociale.
felice.alloggio- Messaggi : 139
Data d'iscrizione : 21.02.08
Località : Bari
LA LIBERTÀ DI SCRIVERE IN DIALETTO IN MODO PROPRIO
http://www.giornaledipuglia.com/2012/10/la-liberta-di-scrivere-in-dialetto-in.html
17 ottobre 2012
LA LIBERTÀ DI SCRIVERE IN DIALETTO IN MODO PROPRIO
17 ottobre 2012
LA LIBERTÀ DI SCRIVERE IN DIALETTO IN MODO PROPRIO
Vittorio Polito
Una ennesima dimostrazione che il dialetto ognuno lo scrive come gli pare e piace viene dalla recente pubblicazione della VII edizione (2011-2012) dell’«Antologia di Poesie in Vernacolo Pugliese», edito dalla UIL Pensionati di Bari e di Puglia e dall’«Associazione di volontariato per i Diritti degli Anziani» (ADA di Puglia).
Leggendo, infatti, alcune poesie e brani di autori baresi riportate nell’Antologia, si nota proprio che ognuno scrive il dialetto nella più ampia libertà, come potrete notare nell’ampio campionario ripreso dallo stesso volume e riportato di seguito, relativamente ai soli autori contrassegnati come provenienza “Bari”.
Ancora una palese dimostrazione che nessuno vuole attenersi, né si attiene, a regole e regolette che molti tentano di imporre senza alcuna autorità e credibilità. Pertanto ai lettori le valutazioni e le conclusioni.
Leggendo, infatti, alcune poesie e brani di autori baresi riportate nell’Antologia, si nota proprio che ognuno scrive il dialetto nella più ampia libertà, come potrete notare nell’ampio campionario ripreso dallo stesso volume e riportato di seguito, relativamente ai soli autori contrassegnati come provenienza “Bari”.
Ancora una palese dimostrazione che nessuno vuole attenersi, né si attiene, a regole e regolette che molti tentano di imporre senza alcuna autorità e credibilità. Pertanto ai lettori le valutazioni e le conclusioni.
«Iè poèsì la diáne ca schiarèssce u Criàte
iè poèsì u dische solàre ca si iàlze chìine de prìisce,
ammenànne le ragge ndoràte de tutt’u Criàte…».
(Angela Troccoli, pag. 24)
«Mmènz’a a nu libbre de storrie d’amòre
tenève na fraffàdda mbalzamàte
e Ianne se stà strisce iòr’e iòre
stanne, mbàcce a nu pertòne… assittàte…»
(Michele Caldarulo, pag. 46)
«Na belle ddì, non zacce come me vennii,
a mamme me decibbche acchessì:
tu, mamme, tine tutte le cchiù belle qualetà,
ma te ne ammanghe iune, la cchiù imbortante, l’eternetà…»
(Maria Pia De Vanna, pag. 84
«Pure nu poète chiànge:
ha schennùte iìnd’o core su nu mare de paròle;
parole ca fascene prèscià
parole scritte alla mègghie fescènne fescènne:
malingonì, iìnd’a chidde vìirse,
ca s’ammènene com’a cavaddùne iìnd’a mmàre»
oggne penzìire u fàscene ca non ze pòte scangellà:…»
(Pasqua Morcavallo, pag. 112)
«Vàseme sole. Sole ca-abbrùsce.
sole ca spàcche, chèssa tèrra mèa seccate.
Stogghe ddò, sdraiàte m-mènze o lèche,
a spettà ca sckàtte u core mì,
ca vuèsce cercànne amòre,
e m’ammìne iìnd’a le ferìte,
la lave de le ragge tu sckuànde,
pezzingh’a quànne u ccìilze, m’addolggissce le piàghe,…»
(Lydia Sorrentino, pag. 140)
«Ma no nde stavvirte
de tutte le danne ca staffasce
statappe opgne ppertuse
nde stapprofitte d’ogne situazione.
No nze pote allassae,
nemmanghe aschennute, nu vacande
che t’aappresinde tu,
e ch tanda forze e prepotenze, u jigne…»
(Paolo Titton, pag. 142)
«Da Trilussa àgghie pegghiàte nguàlche senètt,
veldànnu’a la Barèse e, pe respètt,
le vògghie fa canòsce a le Barìse,
c’u dialètt ca parlàm’a stu Paìse…»
(Arturo Santoro, pag. 166)
«U tèlèvisòre u vedèmme la prima volde ind’a nu bbarr
Non ze petève accattà percè le terrìse ièvene picche.
Po’ iìnd’a la famìgghie o pe conosscènze ngi fù ci s’u petève permètte…»
Acsì se mbetàve tutte a casa so, pe vedè u programme che acchemenzàve la sère…»
(Dora Bruno, pag. 190)
«Jè’ u du d’abbrile, sò le nove e trendasètte de la sère…
sime perdute a Jidde, u Pape… ma.. a và jésse vère?
Coma Lecì… à muérte Pape Geuanne Paule, si sendute?
adavère stà disce… pote jésse?...»(Vito Antonio Corsini, pag. 266)
«U sé decembre, a prim’ore
m’abbatte forte u’ core
percè iè la feste de Sanda Necola.
Iì u voggh ad acchià a prime matine
Alla messe de tutte le vacandine…»
(Maria Pia Devanna, pag. 292)
«Iosce, alla condrore, sso dermute assà,
iè sabate e nan tenghe nudde da fa!
So penzionate, senze responsabbeletà,
nesciune programme,
ne ppe iosce e manghe ppe ccrà…»
(Tommaso Giannelli, pag. 348)
«Stà ci tene ind o core nu cane,
ci tène tant àmmore pu gattud e fàsce u gattar
e, invece, u àmmor mi iè u cànarin.
U cànarin mi iè bello àssai,
u teng inde a lo studio mio
e, acquande m’vogh pigghià na’ pausa
uacchiamend e mi sent addefrescàt e contènt…»
(Tommaso Guerra, pag. 366)
«Chian-chian, a pass a pass,
“U-lundì di Pasqua”
ci ni-sciam o canalon.
Nu pan e na ciquer, nu privolon
e nu-zul d mir-frsch,
ci’assidim a nu chiangon…»
(Giovanni Marcotriggiani, pag. 394)
«Ie’bella
tutta gnora gnora
coma nu carvon
la gnora che fasci
la badant
a ziannem
che s’ha fatt vecchi(a)…»
(Leonardo Nicoletti, pag. 424)
«Te canesciìbbe ca iìve na uaggnèdde
tìmede e sbarazzine,
e non zapève ca iìve n’affermàta sartìne,
allore te facìve corteggià,
mèndre te menàve le mane pe ballà;
tenìve tanda cose aschennùte,
iìve iùne ca tutte sapève fa,
fadegà, vestìsse, chcenà, arregettà,
iìve, pe mmè, com’o sole de mènzadì,
sbreggionìive tanda sembatì,
resàte e fedùgge a ttùtte…»
(Nicola Ranieri, pag. 480)
«Ciccille Passauà stève a spasseggià jìnd’o ciardìne,
c’u cagnèle su, peccenùnn e bell’assà,
c ange zembàve sèmbe ‘nzìne a… grefuà!...»
(Armando Santoro, pag. 490)
«U tramònde tène iìnd’a iìdde tutte
le chelùre du archebalène e se vèste de lore, dope
ca fatte vedè le cchiù bbèlle sfumatùre
s’appicce de russe sfumàte de rose
e và chiàne chiàne a reposasse viàte dà,
dopo l’orizzònde pe ghedèsse u prèmie meretàte…»
(Angela Troccoli, pag. 522)
«Salvatore Mattèe
de la Pugghie
si state u mègghie Rrè.
De la tèrre noste
u cchiù brave candastorrie
de meserrie e de fame
de brutte e de buène crestiane
de prijsce e de delure
de pène e d’amore
ca ijegnene tutte u core…»
(Giuseppe Zaccaro, pag. 546)
«Prima non stevene le solde
pe accattà le giocattele,
e nu peccennine n’ja arrangiamme
u stesse pe scicuà.
La pupe me la faceve
che le calzitte vicchie
ca scartave mamme…»
(Maria Zonno, pag. 548)
«Tutte le demèneche de Magge
u nònne me pertàve
prime a sendì la mèsse,
iìdde iève biatìidde,
e ppò quànne assèmme
passàmme da Marenarìidde
e m’accattave le cioccolate,
po’ scèmme a ffà na cammenàte
sop’a tutte la Meràgghie…»
(Enzo Migliardi, pag. 558)
RE: LA LIBERTÀ DI SCRIVERE IN DIALETTO IN MODO PROPRIO
UN PARERE SULL'ARGOMENTO PUBBLICATO SU FACEBOOK
Giuseppe Polito
«Sulla querelle in ordine ai criteri di scritturazione del vernacolo barese mi sembra di poter dire che in fondo sbaglino un po’ tutti coloro che ritengono di possederne le giuste regole. La lingua barese, così come gran parte di quelle locali, hanno prevalentemente una tradizione orale ed i tentativi di creare tali regole devono ritenersi, appunto, come tali, senza alcuna pretesa di definitività para-accademica. A tal fine voglio evidenziare come ad es. il prof. A. LACALENDOLA, Docente di Lingue Estere presso la nostra Università per circa quarant’anni (il buon Peppino de Filippo aggiungerebbe: e ho detto tutto!) ha dato alle stampe nell’anno 1969 (Casa Editrice Michele LIANTONIO di Palo del Colle) una strutturata “Grammatica del Dialetto di Bari” comprendente anche una articolata guida sintattica. Nel 1972 ha poi pubblicato, presso il medesimo editore, un “Frasario del Dialetto di Bari” contenente 1.000 frasi ed espressioni fraseologiche. In siffatte pubblicazioni (delle quali ho copie) ad es. il cattedratico fa ampio uso delle lettere “ J “ e “K”, atteso che, come ritengo giusto, lo scopo della scritturazione vernacolare – in assenza di consolidata tradizione scritta – è solo quella di riprodurre il più fedelmente possibile il suono delle parole: non a caso il prof. Lacalendola ha utilizzato anche vari tipi di accentazioni e lettere da lui definite “speciali”, estranee alla nostra lingua nazionale, creando un vero e proprio alfabeto diverso da quello italiano: il tutto, ripeto, al fine ultimo di riprodurre il più fedelmente possibile i suoni di una lingua. In assenza quindi di una nostra Accademia della Crusca (e chi si arroga tale ruolo non è altro che un millantatore), ogni tentativo mi sembra che debba restare ed essere considerato come tale, e quindi che nessuno possa ritenersi depositario di verità peraltro inesistenti: a partire dal Canonico Abbrescia, dal prof. Nitti, i più antichi, sino agli attuali cultori della materia che hanno infiammato la polemica.»
Giuseppe Polito
«Sulla querelle in ordine ai criteri di scritturazione del vernacolo barese mi sembra di poter dire che in fondo sbaglino un po’ tutti coloro che ritengono di possederne le giuste regole. La lingua barese, così come gran parte di quelle locali, hanno prevalentemente una tradizione orale ed i tentativi di creare tali regole devono ritenersi, appunto, come tali, senza alcuna pretesa di definitività para-accademica. A tal fine voglio evidenziare come ad es. il prof. A. LACALENDOLA, Docente di Lingue Estere presso la nostra Università per circa quarant’anni (il buon Peppino de Filippo aggiungerebbe: e ho detto tutto!) ha dato alle stampe nell’anno 1969 (Casa Editrice Michele LIANTONIO di Palo del Colle) una strutturata “Grammatica del Dialetto di Bari” comprendente anche una articolata guida sintattica. Nel 1972 ha poi pubblicato, presso il medesimo editore, un “Frasario del Dialetto di Bari” contenente 1.000 frasi ed espressioni fraseologiche. In siffatte pubblicazioni (delle quali ho copie) ad es. il cattedratico fa ampio uso delle lettere “ J “ e “K”, atteso che, come ritengo giusto, lo scopo della scritturazione vernacolare – in assenza di consolidata tradizione scritta – è solo quella di riprodurre il più fedelmente possibile il suono delle parole: non a caso il prof. Lacalendola ha utilizzato anche vari tipi di accentazioni e lettere da lui definite “speciali”, estranee alla nostra lingua nazionale, creando un vero e proprio alfabeto diverso da quello italiano: il tutto, ripeto, al fine ultimo di riprodurre il più fedelmente possibile i suoni di una lingua. In assenza quindi di una nostra Accademia della Crusca (e chi si arroga tale ruolo non è altro che un millantatore), ogni tentativo mi sembra che debba restare ed essere considerato come tale, e quindi che nessuno possa ritenersi depositario di verità peraltro inesistenti: a partire dal Canonico Abbrescia, dal prof. Nitti, i più antichi, sino agli attuali cultori della materia che hanno infiammato la polemica.»
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